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buono, aveva giurato di mai accordargli il sno perdono. Dinanzi a lui il nome del figlio ribelle non veniva pronunciato; gli avrebbe procurato troppa emozione, diceva la madre ai due piccini, cui non voleva rivelare l’errore del figlio diletto. Essa pur attendendo febbrilmente il suo ritorno, sperava in qualche grazia del Cielo per ottenere il perdono del severo consorte.

I fanciulli avevano dato principio a una partita colle palle di neve, quando la porta del giardino si aprì per dar passaggio a un vecchio che aveva l’aspetto di un mendicante.

Portava una lunga barba bianca, un cappello a larghe falde gli nascondeva una parte del volto. Era ravvolto in un mantello rappezzato in più luoghi. Nè Arnaldo nè la sorella rammentavano di aver veduto mai nel villaggio quell’individuo; perciò provarono un senso di paura, quando lo videro venir loro incontro. Ma lo straniero li rassicurò dicendo:

— Non temete, io non sono che un povero diavolo senza famiglia e senza amici. Mi fu detto che avrei trovato qui gente caritatevole che non mi avrebbe negato un posto accanto al fuoco, e un piatto di zuppa. Accompagnatemi in cucina, vi prego; ho freddo e fame.

I bimbi non se lo fecero dire due volte. Corsero in cucina, ove una vecchia domestica sorvegliava la cottura dell’oca del Natale.

L’uomo reiterò la sua domanda.

— Sedetevi, disse la domestica. I padroni sono occupati; ma non ho duopo disturbarli per offrirvi da cena.

Il vecchio sedette senza togliersi il cappello e aprì una valigia che aveva tenuto nascosta sotto il mantello.

— Avvicinatevi, fanciulli, disse: guardate queste belle cose. Forse vi verrà il desiderio di comperarle; ho qui un piccolo fucile e una bambola che starebbero bene sul vostro albero di Natale. Ed ecco ancora dei foulards di seta provenienti dalla China, sì, dalla China, nè più nè meno, e questo coltello è del Giappone; mi furono fatti questi doni da un marinaio che fu in quei paesi.