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le classi ch’oggi, volontariamente o involontariamente, v’opprimono; nè potete riescirvi se non cominciando a fare, per quanto è possibile, migliori voi stessi.

Quando dunque udite dirvi dagli uomini che predicano la necessità d’un cangiamento sociale, ch’essi lo produrranno invocando unicamente i vostri diritti, siate loro riconoscenti delle buone intenzioni, ma diffidate della riescita. I mali del povero sono noti in parte almeno, alle classi agiate; noti ma non sentiti. Nell’indifferenza generale nata dalla mancanza d’una fede comune, nell’egoismo, conseguenza inevitabile della predicazione continuata da tanti anni del ben essere materiale, quei che non soffrono si sono a poco a poco avvezzi a considerare quei mali come una triste necessità dell’ordine sociale o a lasciare la cura dei rimedi alle generazioni che verranno. La difficoltà non è nel convincerli; è nel riscoterli dall’inerzia, nel ridurli, convinti che siano, ad agire, ad associarsi, ad affrattellarsi con voi per conquistare l’organizzazione sociale, che porrà fine, per quanto le condizioni dell’Umanità lo concedono, ai vostri mali e ai loro terrori. Or, questa è l’opera della fede, della fede nella missione che Dio ha dato alla creatura umana qui sulla Terra, nella responsabilità che pesa su tutti coloro che non la compiono, nel Dovere che impone a ciascuno di operare continuamente e con sagrifizio a norma del Vero. Tutte le dottrine possibili di diritti e di ben essere materiale non potranno che condurvi a tentativi che, se rimarranno isolati e unicamente appoggiati sulle vostre forze, non riesciranno: non potranno che preparare il più grave dei delitti sociali: una guerra civile tra classe e classe.