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L’idea di chi vorrebbe, in nome della libertà, fondar l’anarchia e cancellar la società per non lasciare che l’individuo co’ suoi diritti, non ha bisogno, con voi, di confutazione da me; tutto il mio lavoro combatte quel sogno colpevole che rinnega progresso, doveri, fratellanza umana, solidarietà di nazioni, ogni cosa che voi ed io veneriamo. Ma il sogno di quei che, limitandosi alla quistione economica, chiedono l’abolizione della proprietà individuale e l’ordinamento del comunismo, tocca l’estremo opposto, nega l’individuo, nega la libertà, chiude la via al progresso e impietra per così dire la Società.

La formola generale del comunismo è la seguente: la proprietà d’ogni cosa che produce terre, capitali, mobili, strumenti di lavoro, sia concentrata nello Stato; lo Stato assegni la sua parte di lavoro, a ciascuno; lo Stato assegni a ciascuno una retribuzione, secondo alcuni, con assoluta eguaglianza, e secondo altri, a seconda dei suoi bisogni.

Questa, se fosse possibile, sarebbe vita di castori, non d’uomini.

La libertà, la dignità, la coscienza dell’individuo spariscono in un ordinamento di macchine produttrici. La vita fisica può esservi soddisfatta: la vita morale, la vita intellettuale sono cancellate, e con esse l’emulazione, la libera scelta del lavoro, la libera associazione, gli stimoli a produrre, le gioie della proprietà, le cagioni tutte che inducono a progredire. La famiglia umana è, in quel sistema, un armento al quale basta essere condotto ad una sufficiente pastura. Chi tra voi vorrebbe rassegnarsi a programma siffatto?