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miseria, dall’altro l’accettazione d’ogni patto che gli venga proposto.

Condizione siffatta di cose ha, ripeto, il germe in sè d’una piaga che bisogna curare. I rimedi proposti dagli economisti sono inefficaci per questo.

E nondimeno, v’è progresso nella condizione della classe alla quale voi appartenete: progresso storico, continuo, che ha superato ben altre difficoltà. Voi foste schiavi, voi foste servi, voi siete in oggi assalariati. V’emancipaste dalla schiavitù, dal servaggio; perchè non v’emancipereste dal giogo del salario per diventare produttori liberi, padroni della totalità del lavoro della produzione ch’esce da voi? Perchè tra l’opera vostra e l’opera della Società, che ha doveri sacri verso i suoi membri, non si compirebbe pacificamente la più grande, la più bella rivoluzione che possa idearsi, quella che, dando come base economica al consorzio umano il lavoro, come base alla proprietà i frutti del lavoro, raccoglierebbe, sotto una sola legge d’equilibrio tra la produzione e il consumo, senza distinzione di classi, senza predominio tirannico d’uno degli elementi del lavoro sull’altro, tutti i figli della stessa madre, la Patria?