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astenetevi da ogni eccesso nella bevanda o in altro: emancipatevi dalla miseria colle privazioni. E sono ottimi consigli perchè mirano alla moralizzazione dell’operaio, senza la quale tutte le riforme riescono inutili. Ma nè sciolgono la questione di miseria intorno alla quale io vi parlo, nè tengono conto alcuno del dovere sociale. Pochissimi tra voi possono economizzare quel soldo. E quei pochissimi possono, accumulando lentamente, provvedere in parte agli anni della vecchiaia, mentre la quistione economica deve mirare a provvedere agli anni virili, allo sviluppo, all’espansione possibile della vita quando è attiva e potente e può giovare efficacemente al progresso della Patria e dell’Umanità. Perciò che riguarda i beni materiali, la questione sta nel come accrescere la ricchezza, la produzione; e quei consigli neppure vi accennano. Inoltre, la Società che vive del lavoro e chiede, ogni qualvolta è minacciata, tributo di sangue ai figli del popolo, ha debiti sacri verso di loro.
Altri, non nemici, ma poco curanti del popolo e del grido di dolore che sorge dalle viscere degli uomini del lavoro, paurosi d’ogni innovazione potente, e legati a una scuola detta degli economisti, che combattè con merito e con vantaggio tutte le battaglie della libertà, dell’industria, ma senza por mente alla necessità di progresso e di associazione, inseparabili anch’esse dalla natura umana, sostennero e sostengono, come i filantropi dei quali ora parlai, che ciascuno può anche nella condizione di cose attuale, edificare colla propria attività la propria indipendenza; che ogni mutamento nella costituzione del lavoro riuscirebbe superfluo o dannoso; e che la formola