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tacita inavvertita virtù dì sagrificio ch’è spesso in voi. Più dopo, dalla nostra Storia raccolsi come la vera vita d’Italia sia vita di popolo; come il lavoro lento dei secoli abbia sempre inteso a preparare, di mezzo all’urto delle razze diverse e alle mutazioni superficiali e passaggere delle usurpazioni e delle conquiste, la grande Unità democratica Nazionale. E allora, trenta anni addietro, mi diedi a voi.
Io vidi che la Patria, la Patria Una, d’eguali e di liberi, non escirebbe da una aristocrazia che tra noi non ebbe mai vita collettiva ed iniziatrice, nè dalla Monarchia che s’insinuò, nel XVI secolo, sull’orme dello straniero e senza missione propria, fra noi, senza pensiero d’Unità o d’emancipazione; ma solamente dal popolo d’Italia, — e lo dissi. Vidi, che a voi bisognava sottrarsi al giogo del salario e fare a poco a poco, colla libera associazione, padrone il Lavoro del suolo e dei capitali d’Italia — e, prima che il socialismo delle sette francesi venisse a intorbidar la quistione, lo dissi. Vidi che l’Italia, quale l’anime nostre la presentono, non sarebbe se non quando una Legge Morale, riconosciuta e superiore a tutti quei che si collocano intermediari fra Dio e il Popolo, avrebbe rovesciato la base d’ogni autorità tirannica, il Papato — e lo dissi. Nè mai per pazze accuse e calunnie e derisioni che mi si gettassero, tradii voi e la causa vostra, nè disertai la bandiera dell’avvenire,