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lavorare dai Dejas; egli sapeva della passione di Brontu, della domanda respinta, ed ebbe un primo indefinito senso di timore. Giovanna gli mandava tre lire entro la lettera, ed egli, pensando che forse quel denaro proveniva da casa Dejas, lo toccò con disgusto. Poi offerse due lire al re di picche, e credeva che il compatriota li rifiutasse; ma il compatriota le prese, dicendo che servivano per la persona che s’incaricava della corrispondenza clandestina.

In un altro momento Costantino si sarebbe arrabbiato; ma in quell’ora egli sentiva un tal bisogno di scrivere a Giovanna, di corrispondere col suo piccolo mondo lontano, che avrebbe dato metà della vita purchè il re di picche lo favorisse.

Lesse e rilesse la lettera fino ad apprenderla tutta a memoria: di giorno la teneva nascosta nella suola della sua scarpa che di notte scuciva e ricuciva: e mentre lavorava taciturno, pensava continuamente alle vicende e alle persone del paesello lontano.

Talvolta s’immedesimava tanto nei suoi pensieri che dimenticava la realtà. Vedeva il vecchio pastore introdursi nel recinto degli alveari, cauto, col viso e le mani coperte di stracci. Il luogo era deserto, soleggiato. Campi verdi, costellati di fiori, di rose canine, di succhia miele, di pisello odoroso, si stendevano intorno a perdita d’occhio. E nel gran silenzio, tra i profumi fortissimi e irritanti dei puleggi selvaggi e delle erbe aromatiche, le api ronzavano.

Costantino seguiva quasi ansioso l’opera del vecchio ladro, che staccava dalle pietre piatte, su cui poggiavano, i piccoli alveari di sughero, li riuniva, li le-

6 – Dopo il divorzio.