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galline? Alle galline! — ripetè, stringendo i bei denti per la stizza.

Zia Martina rispose tranquillamente:

— Non ne mangiano. Sì, a ventisette anni. Ah, son lunghi ventisette anni! Io sognai che lo avevano condannato ai lavori forzati.

— Ci siete stata voi da quelle donne? Ah! ora saranno contente del loro matrimonio, quelle immonde pezzenti, — diss’egli con curiosità; ma appena la madre ebbe detto che c’era stata, che Giovanna si disperava e si strappava i capelli, e che zia Bachisia le aveva fatto capire d’essersi pentita di non aver affogato la figliuola prima di permetterle quel matrimonio, Brontu si arrabbiò.

— Perchè ci andate, voi? Che avete voi da fare nella tana di quei pidocchi affamati?

— Ah, figlio mio, la carità cristiana tu non sai cosa sia! (Zia Martina, pretendeva di essere caritatevole). C’era anche prete Elias, questa mattina; sì, egli andò da loro per confortarle. Giovanna vuol portare il bambino a Nuoro perchè Costantino lo veda prima di partire; io dicevo che è una pazzia, con questo sole; ma prete Elias diceva di portarlo, e quasi si metteva a piangere.

— Che ne sa lui di bambini? Come tutti i preti egli è un uomo sterile, — disse Brontu, che odiava i preti, perchè un suo zio, parroco del paese prima che da Nuoro venisse mandato prete Elias Portolu, aveva lasciato i suoi beni ad un ospedale. Anche zia Martina conservava rancore per questo fatto, ma sapeva fingere, la vecchia volpe, e ogni volta che