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dele: desiderava la notizia che Brontu avesse bastonato Giovanna, o che ella si fosse fatto un male qualunque, o che una gravissima disgrazia fosse accaduta in casa Dejas. Rimase quindi poco contento quando Mattea gli disse, socchiudendo un occhio:

— Hanno loro rubato del bestiame; appena seppe la disgrazia, la vecchia è partita come una pazza per accertarsi del danno. Passerà la notte nell’ovile, e tua moglie è sola, comprendi, sola.

— Che m’importa? — egli disse.

— Stupido, tu puoi andare da lei: tu non andrai dunque? Io son venuta per dirtelo. Va, mi fa piacere, perchè ho pietà di te... Dopo tutto tu sei suo marito.

— Io non sono marito di nessuno, — egli disse alzando le spalle. — Ah, credevo avessi da dirmi tutt’altro! Dunque, cosa vuoi che compri? Fave, latte, lardo, ciliegie?...

— Sposa dunque me, se non sei marito di nessuno, — disse Mattea con la sua voce bassa, grossa e incerta da ubriaca.

Costantino raschiò e sputò.

Gli occhi di lei, di solito vaghi e stupidi, ebbero un lampo di intelligenza: la sua fronte bassissima si corrugò.

— Perchè sputi? — chiese con voce aspra. — Ella è forse migliore di me?

Egli arrossì; poi un velo di tristezza gli calò sul cuore.

— Tu, — disse — tu sei peggiore o migliore di lei.

— Come?