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povera creatura. Sembra un fanciullo malato. Ah, cosa hanno fatto di lui! Lo hanno sbranato. Ecco che ti ho presa!
Ed una cosa curiosa avvenne in lui: mentre stava per sbranare la cavalletta, pensò che essa avrebbe sofferto come soffriva Costantino. E la lasciò andare.
Un’ombra apparve in fondo al sentiero; zio Isidoro riconobbe prete Elias, balzò in piedi, gli andò incontro, e lo attirò entro la catapecchia, non volendo svegliare Costantino; ma costui aveva il sonno leggiero, si svegliò, udì parlare, si alzò, e nell’avvicinarsi alla porta sentì che discorrevano di lui:
— È meglio che se ne vada — diceva il prete con voce grave. — È meglio. È meglio.
Costantino, non seppe perchè, si turbò nell’udire quelle parole.
Ma egli non se ne andò.
I giorni scorsero, la gente finì di molestare il reduce che cominciò a girare per il paese senza esser più oggetto di curiosità alle donnicciuole ed ai ragazzi. Coi denari guadagnati nella reclusione egli si provvide di cuoio, suola e spago, ma non si metteva mai a lavorare. Ogni giorno comprava carne, frutta e vino, mangiava e beveva molto, e pretendeva che Isidoro lo imitasse. Gli pesava l’ospitalità del pescatore, aveva paura che nel paese si credesse ch’egli vivesse di scrocco, e teneva a mostrarsi generoso con Isidoro e con tutti. Conduceva nella bettola