Pagina:Dopo il divorzio.djvu/224


— 218 —


chiama, Brontu Dejas. Sì, sì. Appunto lui. Li voglio qui, confesserò a loro.

— A Brontu Dejas? — chiese stupito zio Isidoro.

— Perchè egli più di tutti sarà creduto. Ma prima, tutti mi giurerete sul crocifisso che mi lascerete morire in pace. Io ho paura. Mi lascerete morire in pace, dunque?

— Ma sì! Sta tranquillo, ora. E voi, piccola comare, tornate a letto; riposatevi, dormite, — disse il pescatore con voce tranquilla, accomodando le coperte intorno al malato, che si scopriva sempre, si agitava, scuoteva la testa.

— Ho caldo, — diceva Giacobbe — ho caldo; lasciatemi stare. Come non vi meravigliate voi, zio Sidore? Ah, io rimasi servo per non dar dei sospetti. Ma voi sapevate. Sì, sì, sapevate.

— Non sapevo nulla, ti dico, figlio di Dio.

— E allora perchè non vi meravigliate?

— Perchè? — disse l’altro con voce grave. — Nel mondo ne succedono tante! Son cose del mondo. Ebbene, sta coperto e cerca di dormire.

La vedova, che pareva non avesse ascoltato quanto i due uomini avevano detto, sollevò il viso. Ed il piccolo viso s’era fatto giallo, pieno di rughe; pareva che tutti gli anni passati placidamente senza poter solcare quel volto, avessero preso la rivincita in un attimo.

— Giacobbe, — disse la donnina, — non ci sarà bisogno di testimoni. Non ci sarà bisogno di chiamar nessuno. Non basterò io?

Egli si sollevò ancora e guardò Isidoro. Isidoro guardò lui, ed entrambi dissero: