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— Non è ciò! — disse ella, rimettendosi alquanto. Le era parso ricevere un colpo di pietra sul capo. Ora l’impressione fisica svaniva; ma una cosa misteriosa accadeva entro di lei, come se la sua anima se ne andasse, e ne prendesse il posto un’altra anima che vedeva le cose, il mondo, la vita, il cielo, la terra, Dio, in modo diverso da quello dell’anima fuggente. E tutte le cose vedute dalla nuova anima erano piene di orrore, di oscurità, di caos.

— Io non dirò niente. No. No. Ma io non sapevo niente. Come potevo saperlo? — protestò Isidoro. Egli non sentiva orrore di Giacobbe, anzi ne provava pietà; ma nello stesso tempo gli desiderava la morte.

E subito tutti e tre i personaggi di quel dramma pensarono a Costantino, e questo pensiero non li abbandonò più un istante.

— Còricati, — disse Isidoro, battendo la mano sul cuscino.

Ma l’altro scosse il capo; e riprese, con la sua voce lamentosa e ansante, a volte supplichevole, a volte irritata:

— Io credevo che voi lo sapeste: ah, dunque non lo sapevate? Ah, vero! Come potevate saperlo? Io avevo paura di voi, però: credevo che mi leggeste negli occhi. Ecco, una notte, in casa vostra, mi diceste «puoi essere stato tu ad uccidere Basile Ledda». Io ebbi paura, quella sera. Poi un altro giorno, il giorno dell’Assunzione, qui, in questa casa, voi mi diceste «assassino!» Era uno scherzo, ma io ebbi paura, perchè avevo paura di voi. Ebbene, quando