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di cocci, di stracci: i due scavatori se la rigettavano sui piedi, sulle gambe; salivano sul mucchio, si curvavano sempre più, ansavano, sudavano, mentre le donne cantavano e il cieco suonava.

Scavato il fosso, Isidoro e zia Anna Rosa, la cui boccuccia non cessava di aprirsi rotonda per emettere quel sottile e dolente canto di grillo, aiutarono il malato a togliersi il cappotto; poi lo presero per mano e lo condussero vicino al fosso. Egli vi saltò dentro d’un colpo.

Spingendola con le mani, i due scavatori rimisero la terra entro il fosso, e Giacobbe rimase sotterrato con la testa in fuori.

Allora, intorno a quella testa, che pareva spiccata da un corpo e deposta per terra, su quel rialzo di immondezze, dove le erbe tremavano al vento come pervase da un brivido di angoscia, sotto il cielo immensamente triste, accadde una scena indescrivibile. In un attimo, mentre uno degli scavatori s’asciugava la fronte passandovi il braccio, e l’altro batteva le mani per togliere la terra che vi era appiccicata, le donne si disposero in cerchio attorno alla testa di Giacobbe, e fecero un giro di danza cantando sempre il loro scongiuro. Il cieco suonava, pallido, impassibile, con gli occhi bianchi rivolti ad un vuoto orizzonte. Tutto ciò durò cinque minuti, dopo i quali le donne cessarono di ballare, disfecero il cerchio, ma continuarono a cantare. I due uomini e Isidoro si gettarono per terra, e con le zappe e con le mani, in pochissimo tempo, dissotterrarono Giacobbe. Egli risorse, con le vesti piene di terra, il collo e il viso pavonazzi. Era tutto sudato e disse che gli era parso