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I monelli fecero ala al corteo, aspettando, guardando avidamente il padrino. Anch’egli cominciò a guardarli, sorridendo, salutandoli comicamente.

— Da bravi, da bravi! Che cercate, animalucci invernali?

— È zoppo! — disse un ragazzo.

— Sta zitto; altrimenti non dà nulla.

Il corteo passava; il viso dei ragazzetti s’allungava: alcuni s’irritavano, altri stavano lì lì per piangere.

— Zop... — cominciò a gridare uno, ma non finì. Il padrino aveva lanciato in aria un pugno di monetine di rame. Tutti i monelli si gettarono sopra le monete, urlando, aggruppandosi, incalzandosi, pestandosi, cadendo per terra, travolgendo la servetta che cominciò a imprecare ed a distribuire calci e pugni più numerosi delle monete. La pioggia di rame ed in conseguenza l’assalto dei monelli, che crescevano sempre più di numero, proseguì fino all’arrivo del corteo alla chiesetta, dove prete Elias aspettava, scambiando qualche parola col sagrestano vestito di rosso.

Costui aveva paura che prete Elias, con la sua nota indulgenza, accompagnasse a casa la neonata, mentre nel paesello usavasi far ciò solo quando i genitori del battezzando erano uniti anche col vincolo religioso; e lo incitava ad esser severo con Brontu Dejas, coi padrini, con tutti.

— La vossignoria, — diceva, — non accompagnerà certo a casa la bambina. No. È quasi una bastarda; non deve ricevere onori.