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vanna? Va bene, eh? Tanti saluti da Giacobbe Dejas. Egli ti può vedere come il fumo negli occhi.
— Tu dovresti frenargli la lingua, — disse zia Martina. — Così tu sii buono a mangiare come sei buono a farti rispettare da queste immondezze di servi.
— Io gli frenerò altro che la lingua! Intanto stasera voleva ritornare. No, rimani lì e crepa. Tornerà domani mattina.
— Ah, domani mattina! Ma neppure domani mattina! Ah, figlio mio, tu ti lasci derubare impunemente. Sei buono a nulla.
— Dopo tutto, — diss’egli, alzando la voce, mentre continuava a pettinarsi, — domani è l’Assunzione, e Giacobbe è nostro parente. Finitela. Ecco, Giovanna, ora son bello.
Le sorrise, mostrando i denti. Era bello infatti, pulito, coi capelli lucenti. Giovanna si sentì intenerire; ed egli si mise a cantarellare una canzonetta puerile che i bimbi cantano quando piove.
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Poi cenarono tutti lieti e contenti: zia Martina, con la scusa che non aveva appetito, mangiò pane, cipolle e formaggio, — cibo del quale, d’altronde, ella
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Piove, piove,
l’uva matura
e il fico...