Pagina:Dopo il divorzio.djvu/173


— 167 —


guardò attorno, poi frugò qua e là: nulla, nulla, non frutta, non vino, non un sorso di liquore che potesse saziare la brama inesprimibile che la tormentava. C’era solo un po’ di caffè ed ella ne scaldò un pochino mettendovi dentro un pezzetto di zucchero che teneva in saccoccia: poi ricoprì con cura il fuoco.

Ma quel po’ di bevanda calda parve aumentarle la sete. Giovanna avrebbe voluto bere un liquore fresco e dolce, che non aveva bevuto mai, che non berrebbe mai. Un’ira sorda e muta la prese; i suoi occhi si animarono. Andò verso l’uscio della dispensa e lo scosse, sebbene lo sapesse chiuso a chiave, e con le labbra un po’ livide mormorò un’imprecazione.

Poi uscì; così scalza come era, attraversò lo spiazzo a passi silenziosi, e chiamò sua madre.

— Vieni — disse zia Bachisia dall’interno della cucina.

— Non posso. La casa è sola.

Allora zia Bachisia uscì, guardò il cielo e disse:

— Stanotte piove: farà uragano.

— Ebbene, che piombino tutti i fulmini del cielo! — disse Giovanna con voce rude: poi aggiunse raddolcendosi: — ma sia salvo ciò che io porto in seno...

— Ah! tu sei di malumore, anima mia! Dove è andata la strega? Ho visto che mondavi il grano.

— È andata a portarlo alla macina. Ha avuto paura di lasciare andar me: temeva gliene rubassi.

— Abbi pazienza, figlia. Non sarà così.