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— Sì, giusto! in questi giorni! Eppoi, cosa ne sappiamo noi? Chi potrebbe scoprirlo? Come?

— Chi! Io, tu, un altro...

— Siete innocente non come una creatura di tre anni, ma come una chiocciola prima che esca dal guscio. Come possiamo scoprirlo? E d’altronde, a parte tutto, ecco, siamo noi poi sicuri che non sia stato proprio Costantino?

— Ah, noi ne siamo sicuri! — disse Isidoro. — Tutti possiamo esserlo stati, fuorchè lui. Posso esserlo stato io, puoi esserlo stato tu...

Giacobbe s’alzò per andarsene.

— Che si potrebbe dunque fare?... C’è un rimedio?... Ditelo voi.

— ...Fuorchè lui! — ripeteva zio Isidoro, senza sollevare il capo. — Un rimedio c’è. Rimettersi nelle mani di Dio.

— Ah, come mi fate arrabbiare! — gridò l’altro, muovendosi per la stamberga come una belva rinchiusa. — Domando se c’è un rimedio e voi mi rispondete così, come uno sciocco. Ah, io vado e strangolo Bachisia Era, ecco tutto!

E andò via come era venuto, senza salutare, arrabbiato sul serio; zio Isidoro non sollevò neppure il capo; solo dopo qualche istante, avendo Giacobbe lasciato la porta aperta, s’alzò per chiuderla e s’affacciò al limitare.

La notte di marzo era tiepida, lunare, ma velata. Si sentiva già una fragranza umida di verzura rinascente: intorno alla catapecchia del vecchio le siepi e le vegetazioni selvatiche parevano addormentate