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predicato, ma con lo zucchero. Egli, egli doveva minacciare; doveva dire: io prenderò i libri santi e vi maledirò, vi scomunicherò; voi non vi sazierete mai d’acqua, nè di pane, nè d’altra cosa; voi vivrete l’inferno in vita. — Vedevate allora l’effetto; ma no, colui è stupido, colui è un prete di latte cagliato, non ha fatto il suo dovere. Non nominatelo o mi arrabbio.

Isidoro lasciò stare la corda.

— È inutile che tu t’arrabbi. Prete Elias non doveva minacciare e non ha minacciato. Ma credi pure, la scomunica cadrà lo stesso su quella casa.

— Ah, io me ne andrò via, sì, me ne andrò via; non voglio più quel pane maledetto! — disse Giacobbe, e tutta la sua faccia espresse un amaro raccapriccio. — Ma prima voglio prendermi il gusto di bastonare gli sposi del diavolo.

— Tu sei matto, uccellino di primavera! — disse Isidoro con un sorriso accorato, imitando Giacobbe.

— Sì, sono matto. E quando fossi matto, a voi non dovrebbe importar nulla; ma anche voi non avete fatto niente per impedire questo sacrilegio. Ah, che cosa schifosa! Io ho perduto la mia allegria...

— Ed io sono invecchiato di dieci anni.

— ...la mia allegria; penso sempre a quello che Costantino dirà di noi che non abbiamo saputo impedire... E vero che egli è malato?

— Ora no. Lo è stato. Soltanto è disperato — disse zio Isidoro scuotendo il capo. Poi riprese ad intrecciare la corda, e mormorò:

— La scomunica... la scomunica...