Pagina:Dopo il divorzio.djvu/15


— 9 —

prese una di queste bisaccie, la portò più in là, poi la riportò sul posto donde l’aveva presa.

— Ecco, finiscila, — disse ansando per lo sforzo fatto, — che cosa vuoi farci? Non bisogna poi disperarsi; che diavolo, colomba mia; se il pubblico ministero ha chiesto i lavori forzati, non vuol dire che i giurati siano cani rabbiosi come lui...

L’altra continuò a piangere e scuoter la testa, e fra i singulti gridava:

— No... No... No...

— Sì! Sì! Ti dico che è sì! Alzati o chiamo tua madre, — gridò la donna, gettandosele sopra. E le sollevò a forza la testa.

Apparve un bel viso tondo e rosso, circondato da folti capelli neri scarmigliati, con due occhi neri gonfi e lucenti di pianto, e due sopracciglia nere foltissime, congiunte, arruffate.

— No! No! — gridava Giovanna, dibattendosi. — Lasciatemi pianger sulla mia sorte, zia Porredda mia...1

— Che sorte o non sorte! Alzati.

— Non mi alzo! Non mi alzo! Lo condanneranno a trent’anni per lo meno. Voi non capite dunque che lo condanneranno a trent’anni?

— Questo sta a vedersi. Eppoi, cosa sono trent’anni? Ma tu sembri un gatto selvatico, sai?

L’altra strillava, si strappava i capelli, colta da un accesso di disperazione selvaggia. E gridava:

— Trent’anni! Cosa sono trent’anni? La vita di

  1. Porredda, femminile e diminutivo di Porru.