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tima moda, con quelle certe grandi ali di merletto, allora in voga, che si partivano dalla sommità delle spalle, dietro le maniche, costringendo le donne a passar di traverso in un uscio semi-aperto, ma in ricambio assomigliandole a tanti angeli non ancora decaduti.

Grazia vide l’ospite e la salutò con un sorriso, ma non si mosse. L’ospite entrò in cucina. Anche questo ambiente era stato rinnovato: le pareti bianche, i fornelli di mattoni lucidi, una lampada a petrolio pendente dalla volta.

Zia Bachisia non saziavasi di guardare intorno, coi due punti verdi brillanti nel suo viso giallo d’uccello rapace, cerchiato dalla benda nera. Ah, no, essa non era cambiata, la vecchia strega! Sedeva accanto al fuoco, vicino alla serva, una ragazzaccia poco pulita, scarmigliata, che rideva forte mostrando i denti sporgenti. Zia Porredda cucinava e sgridava la serva per quel suo modo di ridere. Ecco, la padrona cucinava e la serva sedeva accanto al fuoco e rideva. Che volete farci? miserie del mondo. Eppoi la brava donna non poteva stare un solo momento in ozio, sebbene ora fosse madre d’un avvocato di grido.

Giovanna si sedette lontana dal fuoco, un po’ curva, sempre con le mani entro le aperture della gonna.

— Ecco — disse zia Bachisia, con accento d’invidia — questa cucina sembra una sala. Tu dovrai far accomodare così la tua cucina.

— Ah, sì — ella rispose distratta.

— Anima mia, sì, sicuro! Comare Malthina è