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Ma oramai egli era tranquillo sulla fedeltà di lei: quell’ultima lettera gli era sembrata anzi una prova di affetto.
Il re di picche ogni giorno, all’aria, lo aspettava con certa ansia; lo fissava coi suoi occhietti diabolici, scintillanti in quel grosso testone raso, tutto giallo; gli chiedeva con premura: — che nuove? — e siccome Costantino si meravigliava di questa domanda, anche l’ex-maresciallo si meravigliava, non diceva di che. Solo osservava:
— Fa caldo.
— Sì, fa caldo.
— La primavera è passata.
— Altro che passata!
— La carestia al tuo paese sarà cessata, ora.
— Sicuro che è cessata. Mia moglie non vuole che le mandi più nulla.
— Ah! Lo so bene, caro amico.
L’ex-maresciallo non sapeva che pensare, e quasi quasi si stizziva che la sua profezia non si avverasse.
Ma un giorno Costantino non venne all’aria. L’ex-maresciallo, saputo che il suo compatriota si trovava all’infermeria, si sentì stringere il cuore in modo strano, e siccome la vecchia gazza svolazzava intorno, e quando si posava scuoteva la testolina mezzo spelata, mezzo arruffata, chiamando con voce nasale: — Cos-tan-tì — Cos-tan-tì... — il re di picche le rispose a voce alta:
— Su Costantino è caduto un fulmine.
Tutti i condannati gli si aggrupparono intorno,