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sciosa di sovvenir Giovanna il più che potesse: non pensava ad altro.
Il re di picche, con le sue continue insinuazioni, pungenti come spilli, gli diventava sempre più odioso: un giorno litigarono sul serio, e per qualche tempo non si scambiarono il saluto. Ma Costantino si sentiva soffocare; gli pareva di essere in cella, diviso per sempre dal mondo esteriore: e fu il primo ad umiliarsi, chiedendo pace.
L’autunno s’inoltrava; l’aria s’era rinfrescata, il cielo sembrava di velluto azzurro, tenero, lontano, dolce come un sogno. Qualche giorno il vento recava un profumo di frutta mature.
Costantino si sentiva meno oppresso, ma pieno di melanconia; cominciava a diventar anemico perchè si privava di tutto per mandare i denari a Giovanna, e mentre tutti gli altri condannati ricevevano denari, chi più chi meno, egli soltanto si privava anche dei soldi che guadagnava.
— Io non capisco, — diceva l’ex-maresciallo, — tu diventi rosso e pare che ringiovanisca; ma sei trasparente, mio caro.
Talvolta Costantino si sentiva ardere il viso e il sangue tuonargli entro il capo: poi cadeva in prostrazione e soffriva la nostalgia come neppure il primo anno l’aveva sofferta. Vedeva il grande altipiano addormentato nella quiete autunnale, giallo sotto il cielo chiaro; e le montagne battute dal tiepido sole; e sentiva la fragranza delle poche frutta e delle vigne che tardavano a maturare in quel paese di pastori e di api. Vedeva le volpi, le lepri, gli