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i marmi - parte terza 73


tanto è in quel paese dove egli la levò dagli onori del mondo: per una coppia e un paio e’son dessi. S’io fossi dipintore e volessi dipigner la nebbia, ritrarrei lui a naturale; mai veddi il piú anebbiato; mi venga la morte, se non pare uno stronzolo muffato. Dice una canzona in Firenze:

     Rosso, mal pelo,
che schizza il veleno
di dí e di notte,
che schizza le bòtte.

Noi siamo in dubbio se costui è la Moría, sí ha cera di stitico e d’amorbato; veste come le dipinture, sempre a un modo; se fussi gigante con la persona, come egli è nell’opinione del sapere, sarebbe buono per un cimitero di scomunicati o di giudei. Non gli dar mai altro da mangiare che morti disperati, avelenati o malandrini impiccati, perché e’ mi pare a punto uno stomacuzzo da simil generazione. Oh che bestia a volersi far capo d’una academia de’ piú begli intelletti d’Italia! Noi vogliamo un dí far correre il suo canale acqua lanfa, tante staffilate gli voglián dare. Qua ci sono testimoni di fede che l’hanno veduto predicatore delle piazze; altri credono che fusse il primo cantainbanco di Carcovia, qual dice esser la sua patria; non cerretano, per non esser da Cerreto, non se gli può dire, non essendo di paese, né manco archimista, perché non è affummicato ancor bene: fate voi; una spiritata lo chiamò, vedendolo alla finestra, Scopaprigioni, come s’ella avesse saputo le trappole di quella sua lettera falsa fatta per rubare i soldi a quel monsignore, le truffe delle botteghe... Egli ha tutti i segnali che può avere un tristo: vista babuina, non corta né guercia, perché se ne trovano de’ buoni, ma babbuina, che non ne fu mai alcuno buono; sta a bocca aperta, ciò è aspetta l’imbeccata; è stato spia secreta e birro publico. Del credere, ci sián risoluti che il suo credo e quel de’ moscoviti sia tutto uno. Quanto egli abbia di buono, è che egli digiuna spesso in pane e acqua e se ne va quattro dí della settimana senza cena