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70 i marmi - parte terza


giorni per casa: cavalli per le stalle superbi, cani da caccia, uccelli e altri animali. Per un cinque o sei giorni io me la bevvi, e me ne teneva buono. In questo tempo cominciarono a corrompersi, per le case, infinite materie, i cavalli morirono, gli uccelli e altri animali, perché non poteva, né manco ci pensavo, governar le bestie; il pane si seccò e divenne muffato, i topi cominciarono a esser padroni delle case e altri animali: io, che trovava della farina, il peggio che io seppi, mi diedi a far del pane e cuocerlo. Pensa che bel vedere era un uomo vestito pomposissimamente, carico di collane e d’anella (perché m’ero tutto adobbato) cuocere il pane! Ma questo era un zucchero di sette cotte. In capo a due mesi gli animali si fecero padroni e n’era pien l’aere, la terra, e le case tutte, onde non poteva a pena mantenermi in una. Io cominciai a dar fuoco alle ville, alle terre, alle case. Oh quante belle cose abruciai io! E’ me ne crepava il cuore; pure, pazienza! Poi mangiavo, s’io n’avevo, perché le bestie e infiniti animali devoravano il tutto: io inghiottí’ cose per la mia gola che Dio sa. Io mi ridussi, ultimamente, abandonato il domestico, alla selva con alquanti cani, vacche e pecore e viveva di latte e di castagne; ma i lupi e gli orsi moltiplicaron tanto, le volpi, le serpi e altre bestie, che il mio armento andò in buon’ora, e i cani: appena sopra un torrione mi potetti salvare con difendermi, fuggendo e gridando, con un sacco di marroni: e lá su mi stava e vedeva le bestie padroni della terra. Allora conobbi che l’oro, le perle, gli argenti e i vestimenti non son buoni a nulla, se non tanto quanto pare a chi gli usa; e s’io non mi destava, mi moriva di fame. Un’altra volta mi sognai d’essere un grand’uomo da bene: prima, io temeva Iddio, di tal maniera che mai avrei fatto una minima cosa contro all’onor suo o commesso fraude inverso il prossimo; poi, non riteneva, pareva a me, se non tanto quanto faceva di bisogno al mio vivere, del resto dispensava a chi n’aveva bisogno; ultimamente, piú tosto che litigare, avrei fatto di gran cose e avrei dato via il mezzo e tutto quanto possedevo che venirne in lite. Di questa mia bontá, se bontá e non sciocchezza si può dire che la fusse, s’accorse un