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i marmi - parte terza 53


     e tutti i gigli che ’l terren dipinge
muoiano in erba e secchi l’amaranto
30 con quel che nel suo fior il nome pinge,
     né piú rida negli orti il lieto acanto
né le viole al mattutino sole
33 spurghino al ciel l’odor soave tanto».
     Quanto del tuo partir Mugnon si duole!
In mezzo dell’aflitte pecorelle
36 ti chiama dalle valli ascoste e sole.
     Uscite omai, uscite, pastorelle,
dal vostro albergo ed ombra fate a’ fonti,
39 che d’anno in anno ogn’or si rinovelle.
     Ma tu, pria che da noi il sol tramonti,
scendi dell’aureo ciel, felice spirto,
42 e racconsola i tuoi di questi monti;
     vien, godi l’ombre usate del bel mirto
che sopra il tuo mortal stassi pendente;
45 vien, serba ’l gregge nostro umil ed irto;
     come onor foste al mondo, la tua gente
riguarda, e la tua prole bella e rada
48 fa ch’a tuo esempio al ciel alzi la mente,
     acciò, mentre di timo e di rugiada
si pasceranno e di celesti odori
51 fieno satolle l’api e la cicada,
     sempre le lodi tue, sempre gli onori,
se verno fia, al sol, s’estate, all’ombre,
54 risuonin le zampogne de’ pastori,
     né tempo fia che ’l tuo bel nome adombre. —

Negligente. La mi par bellissima, cosí alla prima udita; ma io la voglio vedere scritta, per poter saper meglio darne giudizio.

Disperato. Quando si seppe questa mia virtú, fui cavato del fondo di quella scura prigione, e diedi al mio capitano l’insegna che io m’aveva acquistato nell’uscir della tomba buia; e quel proprio capitano che mi prese prigione, quello stesso mi liberò e lasciommi andare a procacciar la taglia. Ecco, la poca virtú mia delie lettere vinse l’armi, per questa volta. Né si tosto