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42 | i marmi - parte terza |
Neri. Saldo: che gente è questa? Ecco una baruffa di pòpoli la quistione è in piedi; oimè che sono alle mani a spada e rotella! So che ogn’uno spulezza; fia bene che noi andiamo altrove, ché io non son buono fra queste spade.
Giorgio. Né io: un’altra volta diremo il resto. Ma e’ vanno via; a me paiono eglino, al mio occhio, il capitan Pignatta e il capitan Rosa.
Neri. Sien chi si voglino, pur che vadin via, mi basta.
Giorgio. Tutte le genti, nobili e ignobili, de’ Marmi gli vanno dietro a piú potere.
Neri. Vadino nel nome di Dio; noi staremo piú larghi e passeggeremo il campo per nostro. Chi intende il padre per padre e la madre per madre?
Giorgio. Iddio e la Natura; e cosí l’anima favella con Dio, e quella non tocca mai le cose terrene, anzi si duole quando il corpo si volge nelle terrene voluttá.
Neri. La lettera dice che si mostra la metá: come s’intende questo?
Giorgio. Il corpo si vede solamente e l’altra parte una sola volta, che viene a essere alla fine della vita nostra. Ecco che tornano adietro con maggior furia; per la mia fede, che s’amazzeranno gente assai: andiancene a casa, messer Neri.
Neri. Fia meglio, ché noi non caveremmo costrutto del nostro ragionamento; tosto andate via, ché di qua è la mia. Io non resto punto sodisfatto di questa sposizione.
Giorgio. Ce n’ho un’altra migliore; un’altra sera: a rivederci, a Dio!
Neri. A Dio, poi che siamo, dell’allegoria, pervenuti al desiato fine.