Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/46


i marmi - parte terza 41


Neri. Tanto quanto egli tira con il dente, verbigrazia.

Giorgio. A pena. In questi beni di Fortuna entrò una maladizione occulta, una certa pestilenza secreta, un morbo acuto, una febbre penetrativa, un certo affanno intollerabile, che io non ve lo saprei mai dire; e credo che ve lo facesse entrare qualche uno che può piú che la Fortuna: e fu questa la maladizione che vi si ficcò dentro, che chi aveva usurpato il tesoro, se ne inamorasse e ne stesse male, come dire, pensare sempre a quello, aver l’occhio a quello, temer di quello, desiderar sempre quello, abracciarlo, guardarlo, serrarlo e non se ne servire, se non forzato dalla necessitá, di quello; gli altri, che l’avevano trabalzato e atteso alle dolcitudini spandendo e spendendo quello, volle, chi potette, che non potesse mai piú star loro troppo in cassa, in borsa, e cosí le gioie in dito o intorno, se non poco tempo, poco poco, vi dico, quanto tempo va a gustare qualche dolcezza di bocca, del resto nulla. Ma peggio la cosa va di rede in rede: poveri fanno poveri, e lascian loro quella maladizione della povertá, che sempre scaccino da loro le gioie, l’oro e l’ariento; i ricchi poi lasciano ancor loro per linea il tesoro e la maladizione insieme che lo serrino, che non lo dien via e sempre ardin di desiderio d’averne dell’altro. Sí che voi udite che dichiarazione ha dato il padre a questa nave in sin qui; or venghiamo al mostro.

Neri. Le son cose che paion baie da lèggere, ma, per la fede mia, che le son tanto vere e tanto che poco meglio si potrebbe dire. L’è una bell’invenzion cotesta, vedete, maestro Giorgio; ed è nuova cosa non piú detta: cotesto vostro padre ha intelletto. «Or via, all’altra», disse il cacciatore.

Giorgio. L’altra lettera dice (a faccie I, 228-229, nella seconda parte), che nella parte di settentrione è nato un mostro eccetera. Il mostro è l’uomo e, per settentrione, il mondo, che è la piú cattiva parte; il qual mondo è la abitazione dell’uomo in questa vita. In una sola massa, o corpo, v’è la femina e mastio, che s’intende l’anima e la carne; una parte si ciba e l’altra no, perché l’anima si nutrisce di celeste spirito e cosí lo spirito tace e il corpo favella; e vivono tutti due, la madre e il padre di questo uomo.