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i marmi - parte terza 19


qual cognizione n’esce un razzo lucente, che è la cognizione di Dio e della sua misericordia; onde egli grida che non è altra felicitá che lasciare le terrene cose e cercare di trovare il porto e il molo, che altro non è che ’l Verbo incarnato Dio e uomo.

Neri. Io non voglio che passi domattina l’ora di terza che io voglio conoscer sí degno uomo.

Giorgio. Il gran monte de’ libri, nel mezzo della caverna, non vuol dir altro che tutti i libri eretici, e chi gli cerca di lèggere, poi che egli ha veduto manifestamente gli errori, o vuol imparare quella dottrina; ché la coscienza, lo spirito ultimamente gli scuote il petto, e qui da timor di dannazione, da dolore dell’offese di Dio e dal proprio ardore del conoscere il male, si spaventa; e, per la terra del veder se medesimo nella scuritá degli errori, ritorna, uscendo delle tenebre, alla nave, che è la chiesa, la quale l’aspetta nel porto della salute.

Michele. Se vi piacesse, per istasera non ne vorrei piu, se però maestro Giorgio ci promette tornar a dirci il restante.

Giorgio. A ogni vostro piacere; anzi ho caro di non dir altro per ora, perché sono stracco e volentieri m’andrei a riposare.

Neri. Sí bene, perché n’è ancóra tempo.

Giorgio. A rivederci un’altra sera, adunque: togliete le vostre lettere.

Neri. Serbatele, che fia meglio, ché nel leggerle avrete a memoria l’esposizione. Raccomandatemi al reverendo maestro insino a tanto che io lo visito.

Giorgio. Cosí farò.

Michele. A rivederci con sanitá, e a Dio tutti.