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diceria dell'inquieto 209


pezzo e me ne torno a casa. Un altro dí, solo solo con il mio cavallino e il famiglio, me ne vo a Fiesole, e guardo l’anticaglie, discorro la guerra che fu in quel tempo antico e per che e per come; e penso che coloro a quei tempi anaspavano ancor loro come noi e che alla fine alla fine noi siamo una gabbiata di pazzi: qua non ci resta né ritte aguglie né stanno in piedi mole; qua in questo mondo si spengano l’arme, si distruggano le famiglie, si consumano le pitaffierie, i termini si lievano: e veggo che non v’è fondo di casa che non abbi avuto dieci mila padroni, e di nuovo mi fo beffe dell’esser nostro e non posso poi star nella pelle anch’io, considerando che ogni cosa tramuta stato, padrone, modo e termine, anzi si muove del continuo e va e riva e torna e ritorna. Come sono a casa, io mi rido del pensiero di mio padre, che si pensava, con il darmi sopracapi, che la roba stessi sempre a un modo. Oh poco discorso! È possibil che egli non conoscesse che non gli veniva soldo nelle mani che non fosse stato in diecimila? E’ si credeva che dovesse star sempre nelle sue! I danari sono spiriti folletti: un pezzo sono in cassa, un pezzo tu gli costringi a star nella scarsella, un altro pezzo nella borsa; eccoti che viene uno con una bella lama di spada, con un bel cavallo, con un nuovo libro, e te gli incanta; onde e’ saltan fuori della borsa, della scarsella e della cassa. E cosí va il mondo girando. Io fo talvolta tutta la mia giornata in cupola: e sapete quel che mi paion le case e gli uomini della cittá?: formiche e formicai o vespe e vespai; chi va, chi viene, chi torna, chi entra, chi esce, chi va piú piano, chi camina piú forte, chi porta, chi lieva, chi lascia, chi porge, chi riceve, chi si nasconde e chi vien fuori: e qui mi rido del loro anaspamento. S’io vo poi per la cittá, considero l’arti infinite che vi sono superflue e trovo che poche cose son necessarie, ma che tanti e tanti trovati, invenzioni, trappole e grilli nuovi sono stati posti in uso per saziare la nostra pazzia: mille foggie d’anelli a che fine? tre mila arme variate da offendere e altri tanti fornimenti perché?; le penne delle berrette son in cento foggie, i colori de’ vestimenti, i modi stravaganti degli abiti, insino agli occhiali si fanno a vénti foggie; pesi, pesetti,