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DISCORSO DEL BORDONE

ACADEMICO PEREGRINO

Allo Stracurato acciò che sappi regger ben sé e i suoi figliuoli.
Diceria familiare.

Bordone. Tutti i mortali che cercano affaticarsi e aver buon frutto del lor travaglio, debbano ricorrere all’eterno pittore che colori il mondo e in quello rimirare, considerando, poi, che egli consideri tutto quello che facciamo. E, certo, chi si stima che Iddio vegga tutte le sue opere, è impossibile che egli erri. Poi bisogna che l’imitiamo in molte cose, e una principale è questa: quello che noi per fede teniamo, per iscrittura leggiamo, è quello che l’eterno maestro in molto breve spazio creò al mondo con sua potenza, ma veramente con un largo e gran tempo lo conserva con molta sapienza: vo’ dire che la fatica è breve del fare una cosa, ma il conservarla assai è l’importanza. Ogni giorno accade che un bravo capitano apicca una zuffa, e al fine Iddio gli dona vittoria: ma domandiamo ora, a colui che vince, quale è la sua maggior fatica e dove egli ha piú pericolo inanzi agli occhi, o nell’aver avuto l’onore o in conservarselo; perché una cosa sta nel valor d’un nimico e l’altra nella forza dell’invidia e della malizia. Certo che non v’è comparazione da un travaglio all’altro; perché con una spada in un’ora s’acquista una vittoria, ma per conservar la riputazione fa bisogno il sudore di tutta l’etá d’un uomo. Io ho letto in Laerzio, nel libro che egli pone Le vite de’ filosofi, una bella materia. Egli dice che ’l divin Platone fa ricordo nella sua Republica che, udendo i tebani come i lacedemoni tenevano molto buone leggi, per le quali pareva che fussero