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il nobile e il perduto 169


per tre cagioni: una, perché mi hanno fatto re e non servo, che al mio giudizio è uno de’ gran beni che possino avere i mortali, poi che si comanda a tutti e nessuno vuole esser ubidito da noi; l’altra cosa, perché io ringrazio gli dei, è stata che m’hanno dato un generoso cuore e un animo generosissimo; la terza e l’ultima grazia che io riconosco da loro è che m’hanno dato te per compagno a regger la mia republica, terminare le faccende della guerra e darmi, con le parole tue dottissime, utile e onore. E s’è veduto che io ho acquistato per la tua sapienza tal cittá che la mia lancia non bastava a difenderla. — Or vegghino una gran turba de’ moderni príncipi quanto si possono apressare alle pedate degli antichi signori e se i virtuosi son da loro amati, trattenuti, mantenuti, aiutati o favoriti: a me pare che se ne sia spento il seme, da alcune poche piante in fuori: la cosa sta male.

Perduto. Voi sapresti meglio far de’ libri vecchi un’opera nuova che non ha fatto auel compositor vecchio a dir cose nuove.

Nobile. Ora non si dirá altro di nuovo né di vecchio: noi siamo stati tutta notte a questi freschi Marmi, però fia il dovere ritirarsene a casa.

Perduto. Avete ragione: io per me sarei stato a cicaleccio tutta questa notte, sí mi dilettavano le vostre invenzioni.

Nobile. Mi raccomando; a Dio.