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il nobile e il perduto 167


Perduto. Io le dirò anch’io: per caricar di gran pagamenti e di gabelle i suoi sudditi; per aver violato l’onor delle fanciulle del suo stato; per cacciar fuor della patria i virtuosi ingegni e non gli dar da mantenersi fuori; per occupare ingiustamente a uno il suo per darlo a un altro; e per dar cattivo e doloroso essempio del fatto suo: per aver questi cinque peccati, doverebbe piangere un signore. Vogliamo noi dire che se ne trovi a’ nostri tempi alcuno?

Nobile. Non lo so; so ben che si riderebbon di te, se t’udissero, e che queste che io dir voglio son altre cinque: — La prima cosa che debbe far piangere un principe — disse il re — è la perdita della sua republica, conciosia che ’l buon principe si debbe scordar tutte le ingiurie che gli son fatte alla persona, e, per vendicar la minima che sia fatta alla republica, debbe, non che piangere, ma espor la propria persona... —

Perduto. Ce ne son pochi che lo faccin, messere.

Nobile. — ... La seconda cagione, perché deve piangere, è quando egli fia tócco nell’onore, perciò che, non si dolendo a caldi occhi il principe quando è offeso nel sangue e nell’onore, può in vita andarsi a sotterrare. La terza lagrima che debbe uscir dell’occhio del signore, è per vedere coloro che poco hanno da sostentarsi e assai da stentarsi; e, per la mia fede, che chi non piange la miseria de’ suoi sudditi, che son posti in calamitá poveri e mendichi, si può dirgli che egli senza profitto alcuno viva sopra della terra. Debbe pianger ancóra il buon principe la prosperitá, la gloria e la felicitá che tengano i tiranni, ché veramente quel principe che non gli dispiace la tirannia de’ cattivi è indegno d’esser amato e servito da’ buoni. Ultimamente debbe il buon principe pianger molto la morte de’ savi uomini, perché non ha nel suo dominio perdita alcuna il signore che sia equale a quella, perdendo un de’ sapienti del suo consiglio e della suo republica. — Queste furono adunque le parole che fece il re per risposta a quel cavalieri, non so s’io lo debbo dire, ignorante o poco accorto. Certo certo che furon sempre i savi uomini in grande stima fra i greci e fra’ romani potenti: gli scrittori antichi ne hanno tenuto, di questo,