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162 i marmi - parte quarta


Nobile. Io ritrovai giá due gran capitani a ragionamento insieme, uno de’ quali era smontato da cavallo (perché era ricco, però cavalcava) e l’altro povero che se n’andava a piedi. Dolevasi il povero d’esser male aventurato e affermava che chi ha da poter fare senza la mercé d’altri, se non sempre, almanco i due terzi delle volte, si fa beffe di chi patisce, ha bisogno o è in necessitá, e chi è sempre avezzo a star pasciuto non crederá mai che gli altri abbin fame. Udite, adunque, quel che disser costoro, per lasciar questo libro antico antico da parte e venir alquanto inanzi.

Se Quinto Curzio non m’inganna, egli dice che Alessandro Magno, che fu figliuolo del re Filippo di Macedonia, non meritò tanto quel nome di Magno per aver le migliaia d’uomini nell’esercito quanto ne fu degno ancóra perché egli ebbe piú filosofi nel suo consiglio che principe della sua e nostra etá: non prese mai pugna di guerra che prima per i suoi savi non fosse in sua presenza ben bene esaminata la cagione, l’ordine e che via doveva tenére in quella. E, in veritá, era il dovere, conciosia che quella cosa si debbe sperar che vadia per buona via e abbi prospero successo alla quale inanzi v’è proceduto maturo e ottimo consiglio. È bella cosa a veder l’ambiguitá di tutti coloro che hanno scritto del Magno Alessandro, cosí greci come latini, che non si sono saputi risolvere qual fusse nella sua persona maggiore o la ferocitá che egli teneva nel ferire i nimici o la umanitá che egli aveva nell’accettare i consigli. Furon molti quei filosofi che stavano con Alessandro; ma Aristotile, Anasarco e Onasicrate erano quei che gli potevan comandare e da quelli accettava il vero consiglio: ed era ben fatto, ed è, pigliar consiglio da molti savi e ristringer poi la cosa nel parer di pochi. Deh, odi che gran cosa era quella di sí gran principe, che egli, non contento di tenér tanti savi appresso di sé, andava del continuo a visitar gli altri savi uomini che non stavano seco altrimenti e faceva lor servitú e onoravagli. Dice che una volta gli fu detto: — A che proposito fate voi tanta servitú a questi filosofi? — Ed egli rispose (risposta propria da un Alessandro