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130 i marmi - parte terza


alcun guardiano, il qual ci turi gli orecchi e cacci via li romori e riprenda coloro che ci lodano. Tu erri certamente, se credi che li vizii naschino con esso noi; elli ci son sopra venuti e sonoci stati aggiunti: adunque, con le spesse ammonizioni, le opinioni che intorno ci risuonano, raffreniamo. A nessun vizio la natura ci fa, per tempo alcuno, amici; ella ci ha generati liberi e integri: niente in vero ella ha posto in palese, che potessi incitar la nostra avarizia; ella ci ha posto sotto li piedi l’oro e lo argento e hacci concesso che lo debián premere e calpestar co’ piedi, e ogni altra cosa per la qual noi siamo oppressi e calpestati; quella ha derizzato il nostro aspetto al cielo, e qualunque cosa la quale o magnifica o maravigliosa avea fatta, ha voluto che si veda da coloro che riguardano in alto: li nascimenti e li occasi delle stelle e il volubil corso del veloce mondo, il quale il giorno ci mostra le cose terrene e la notte le cose celeste; li tardi camini delle stelle se le assomegli al tutto, e velocissimi se tu consideri quanti spazii circondino mai, interlassando la loro velocitá; li defetti del sole e della luna, delli quali l’uno all’altro si oppone, e molte altre cose dipoi degne di amirazione, le quali o vero vengono per il loro ordine o vero perché da súbite cagioni sono mosse, si come li fuochi notturni chiamati baleni e li splendori del cielo li quali si scopreno senza alcun romore o suono, e le colonne e le travi e altre imagine di fiamme. Tutte queste cose la natura ha ordinate sopra di noi. L’oro certamente e l’argento e il ferro, il qual mai per questi fa pace, sí come male fossi in nostre mani lassato, volle nascondere: noi medesimi abián recato a luce quelle cose per le quali l’un con l’altro avessimo a combattere; noi le cagioni de’ nostri pericoli e li instrumenti, minando il peso della terra, caviamo; noi abián dati in man di fortuna li nostri mali, né ci vergognamo che quelle cose siano apresso di noi stimate somme le quale erano nel piú basso luogo della terra. Vói tu sapere quanto sia falso lo splendore che inganna gli occhi tuoi? Nessuna cosa è piú brutta né piú oscura di quelli, fino a tanto che sono ravvolti nel suo fango: e perché non debba egli esser cosí, quando per le tenebre delle