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112 i marmi - parte terza


Galloria. Non ho trovato altro che ’l mosto che mi faccia male.

Biagio. Vi dirò, il mosto non è ancóra purgato, ma è grosso, ventoso e rigonfia, talmente che la parte grossa rimane nel fegato e l’opila; ma quando ha scorso alcuno spazio di tempo, discendendo le parti sue grosse al fondo, viene a rimaner piú purificato e non nuoce tanto; sí che ’l vin nuovo è doloroso a bere a chi non ha uno stomaco gagliardo.

Filippo. Il vin vecchio è la mia vita.

Biagio. Voi dovete sapere la ragione, e, se non la sapete, ve la dirò ora: il vino nuovo è molto acquoso e quanto piú s’invecchia tanto piú si vengon a consumar quelle parti acquose e riman piú netto e la sustanzia resta piú calda e diseccativa; poi, consequentemente, viene ad esser il vino piú potente che prima.

Galloria. Quando trovo de’ vini vecchi polputi, io tengo tirato.

Biagio. Non usate mai troppo il vino che sia troppo vecchio, perché è di poco nutrimento, ma disecca e riscalda; cosí ancóra è da lasciare, come ho detto, il nuovo; però attenetevi al vin di mezzo, perché ha il suo nutrimento piú lodabile.

Galloria. La mia donna non ha questi fastidi, perché bee dell’acqua.

Biagio. Pur che la non abbia piú. L’acque ancor loro hanno del buono e del cattivo: prima, l’acqua quanto è piú purgata dalle parti terrestre e fangose tanto è migliore; adunque, la si purga meglio correndo sopra il letto di terra che di iaia o sopra le pietre, perché le sue grosse parti s’apiccano meglio sopra il fango che sopra i sassi. Certe altre acque, ribattute dal sole e da’ vènti, si purgano e s’assottigliano piú che l’altre e viene l’acqua per questo a esser piú digesta; tal che ella acquista una proprietá e natura nobile e viene ad esser piú sana. Quella poi che corre contra il sole e contro a’ suoi raggi, molto s’assottiglia e si riscalda, perciò che in sé l’è di fredda natura, e per tal cosa vien meglio digesta; ma quella che corre verso l’occidente e non può esser dal sole riscaldata, non arriva a quella bontá dell’altra. Che diresti voi, che tutte l’acque che corrono