Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/106


ragionamento di diverse opere e autori 101


Pedante. La virtú che si chiama vitale del cuore, quando ell’è forte, la produce, questa linea della vita, lunga e grossa, e, quando è debile, la produce corta o ver minuta e sottile, perché dalla cagione forte procede grande e forte effetto e dalla debile debile e piccolo: quando, adunque, la linea del cuore è lunga e grossa significa la virtú vitale esser di gran vigore, e il contrario quando è minuta e corta. Bisogna ancóra che questa linea sia continua e non discontinua; perché la continuitá procede dal sangue, che per sua umiditá segue, onde significa proporzione e temperamento negli umori; e ben che la linea del cuore fusse grande e grossa e fosse discontinua, significherebbe la virtú vitale in principio essere stata forte, ma che in processo di tempo fusse mancata per distemperamento del sangue e degli umori. Vo’ dirvi piú inanzi, che bisogna ancóra che l’abbia debita proporzione d’apresso o da lontano alla linea del fegato, ciò è né troppo sotto né troppo discosto, perché, essendo remota assai, significherebbe che il fegato si rimove in sua natura dal cuore e che egli non ha debita convenienza con quello; onde ne seguiterebbe che il sangue, che si genera nel fegato, non è unito né proporzionato al nutrimento del cuore: queste due linee debbono essere di mediocre distanzia. Questa linea del fegato poi non vuol esser troppo lunga né corta; perché la lunghezza denoterebbe gran calor di fegato, talmente che distruggerebbe la natura nostra, e, corta, mostrerebbe mancamento di caldo naturale nel fegato e cosí verrebbe il sangue generato in quello a non si unire al corpo tutto e al cuore; sí che voi potete comprendere che corpo sarebbe quello di tal uomo. Concludo, adunque, che, ad aver la vita lunga, bisogna che la linea del cuore sia lunga, grossa e continua in debita distanzia dalla linea del fegato e che quella del fegato sia una debita quantitá.

Sandro. Potens per terra! e’ ci va tante cose? In effetto, ciascuna cosa vuol misura e proporzione. Io vidi giá guardar su la mano a Grifone Tamburino da quel greco strolago, e gli disse che egli doveva perder un occhio, e cosí fu. In che modo lo vedde egli?