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54 i marmi - parte prima


luna e tanti di quanto la luna cresce tante foglie fa; la qual erba par d’argento, e, quando la luna scema, scemano le foglie; e se la luna non vede questa erba per punto, come fanno gli specchi concavi, che accendano il fuoco nell’esca, che se non si trova quella retta linea diritta del sole non s’accende, cosí questa erba non si vede altrimenti. —

Ridolfo. Bella cosa è questa, se la fosse pur vera e non sogno.

Tribolo. — Io mi ritrovai — disse l’amalato — allora con un’ombra in quei luoghi, la qual mi disse: «Togli questa foglia e va tocca il tuo corpo con essa e súbito sarai sanato». Come si fa — diss’io — ad andare al suo corpo? «Immàginati d’esservi dentro». Cosí feci, e, toccandomi con questa foglia, son fatto sano e gagliardo; e nell’imaginarmelo ritornai in me stesso. Il Grullone disse: «Prestamela, di grazia, che io mi tocchi». — Volete voi altro, che questa cosa mi pareva vera vera? Egli porgendognene e lui toccandosi, secondo che quello guarí, il Grullone si morí súbito. Io da questo sogno, spaurito della novitá, mi destai, e, vedendo che le comedie non eran finite, mi rimessi giú a dormire per non perder sí bella visione, rallegrandomi che fosse stato sogno. A punto mi parve, risognando, d’amalarmi (aggravandomi l’infirmitá che fu una cosa súbita) e di morirmi; e in quel morirmi diceva fra me: — Tuo danno, Tribolo; non ti fossi raddormentato. — Cosí mi ritrovava di mala voglia, perché mi pareva, essendomi morto a posta, d’aver fatto torto a sua eccellenza a non gli finir prima i suoi lavori.

Moschino. Ah, ah, ah!

Ridolfo. Ah, ah, ah!

Moschino. Chi non riderebbe? Basta che tu ci trattieni con nuova invenzione e sottile. Orsú, quella è un’arte che aguzza l’intelletto, e la pittura fa il simile ancóra; noi altri musici ce n’andiamo piú alla buona, senza tanti antivederi.

Tribolo. Standomi farneticando in aere, vedeva me medesimo su quella finestra dormire e mi toccava e mi sentiva caldo. Allora mi pareva di dire: — Certo che io son l’anima e quel