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ragionamento secondo 29


l’amata quanto si travagliava egli per avere un litterato. Egli, come eccellente principe, per suo diletto particolare e per utile universale, cercava di avere tutti i litterati di Grecia».

Borgo. Oh che grand’uomo da bene era costui!

Ghioro. «Al suo tempo fioriva il mirabil filosofo Anatarso che faceva sua dimora in Atene nell’Academia, la quale non ricusava di accettare d’ogni nazione, pur che l’uomo fosse virtuoso. Il re Creso, udita la fama della sapienza sua, gli mandò imbasciadori con autoritá di condurlo a lui e di donarli infinite ricchezze; e gli scrisse in questa forma: Creso, re dei popoli di Lidia, a te, Anatarso, gran filosofo nella Academia d’Atene, ti manda salute e desidera bene alla tua persona. In questa lettera tu vedrai quanto ti amo assai, ancor che poco ti scriva; e son certo che tu vedrai piú con l’intelletto il mio cuore che con l’occhio le male scritte parole. Accetta primamente i doni che io ti mando; e, perché son piccoli, so che ti basta, essendo l’uomo che tu sei, la volontá grande. Io desidero di corregger questa nazione che io soggiogo ed esercitar la mia persona e il mio intelletto in opere virtuose. Io sono de’ contrafatti uomini che sieno al mondo e sono un mostro; ma non mi dispiace tanto l’esser brutto di corpo quanto non esser dell’intelletto bello, come vorrei, e savio: questo è quello che mi accora e mi tormenta; onde per questo desidero ottima compagnia e conversazione perfetta. Cosí mi tengo in questo mio palazzo per morto, non avendo altra compagnia che d’ignoranti, sí come mi terrò vivo quando avrò de’ tuoi pari sapienti; perché questi vivono, e non altra generazione, al mio giudizio. Io ti prego, adunque, per amor di tanto bene che ne succederá, e ti scongiuro per gli dei che tu non recusi di venire; e se tu non lo vuoi fare per quel che tu sei pregato, fállo almeno per quello che tu sei obligato, che è il tuo proprio contento d’insegnare a chi non sa. I miei imbasciadori ti diranno a bocca in parole, e la mia lettera te lo confermerá in fatti che, venendo, tu sarai dispensatore de’ miei tesori, unico consiglieri nelle mie faccende, conoscitor de’ miei secreti, padre de’ miei figliuoli, riformator del mio regno, governator della mia persona, capo della mia republica e sigillo delle mie volontá; brevemente, tu sarai in potere e autoritá me medesimo, pur che gli dei faccino che io in una minima parte della sapienza sia te.