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26 i marmi - parte prima


Ghioro. E’ verrá tempo che voi porrete giú l’armeggerie e attenderete ad altro.

Borgo. Ghioro, e’ bisogna che ci sia d’ogni fatta persone in ogni professione; ancóra de’ guardiani di compagnie ce ne bisogna de’ mezzi buoni e de’ tutti cattivi.

Ghioro. Troppi ce n’è egli de’ cattivi. Dio voglia che le non vadino un dí a terra queste nostre compagnie!

Borgo. Forse piú tosto che gli armeggiamenti.

Ghioro. Che libro è cotesto che tu hai in mano, che dice su la coperta Legge sante?

Borgo. E ben che dice «sante»! Legge furfante mi pare a me che sono, parte da vero e tutte da beffe.

Ghioro. Di grazia, se questo lume della luna ti serve, lèggine due righe. Son elleno delle nostre o di quelle d’altri?

Borgo. Voi l’udirete. «Noi non vogliamo per conto alcuno che i nostri figliuoli abbino troppe legge da osservare, ma solamente quelle de’ loro antichi sien mandate a esecuzione; delle nuove leggi non se ne osservi alcuna, non per altro se non perché le nuove ordinazioni bene spesso scacciano i buon costumi antichi».

Ghioro. Insino a qui la cosa non mi dispiace, pur l’ha un certo che... Séguita.

Borgo. «Coloro che verranno non possino avere, e tanto comandiamo, altro che duoi dei; uno servi loro alla vita e l’altro alla morte; perché egli è meglio servirne pochi bene che molti male».

Ghioro. Potrebbe passare questa; ma in altri paesi coteste mi paion legge de’ barbari.

Borgo. Cosí sono. Odi questo resto: «Ciascuno, per espresso editto, si vesta di panno e si calzi e non d’altro; e tutti i vestimenti sieno equali, tanto all’uno quanto all’altro, perché il variare, il tagliare, i color diversi e il frapparsi i panni a torno ha qualche cosa del buffone».

Ghioro. Questa ancóra non monda nespole.

Borgo. «Noi non ci contentiamo che alcuna donna stia con uomo alcuno se non tanto che la facci tre figliuoli, perché tanti