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20 i marmi - parte prima


Lo Svegliato.

Qui si levarono i fischi nel partir dei matti spacciati; e perché un pazzo ne fa cento, molti andavano lor dietro dicendo: — O Piedoca! o Piedoca! — E massime un Mattio lungo orafo lo straziava. E il Carafulla rispondeva e bociava: — O Mattio, matto tu e non io — . Cosí gli accompagnaron insino alla scuola de’ cherici, sempre dicendo: — Ghetto, che non ha camicia né farsetto — e — Piedoca! — Passati i tumulti, i fischi e le baie, io mi posi sopra un cerchietto a’ piedi del campanile, in una di quelle finestrette che danno lume alla scala, dove si ragionava, e udí’ dire d’una comedia, la quale aveva avuto bellissimi intermedii. Il primo fu che il palco s’alzò e sotto v’apparve una fucina di Vulcano; e al batter dei martelli s’udiva (e non si vedeva altro che gli uomini nudi che l’infocato strale battevano) una mirabil musica, dopo la quale si richiuse il palco. Dicevano ancóra che al secondo atto, essendo la scena sopra un perno che si voltava a poco a poco, che appena s’accorsero le brigate che la si volgesse, vi si vedde un teatro pieno di popoli e nel luogo del palco una battaglia d’alcune barchette in acqua, che facevano stupire in quella gran sala tutti gli udienti. Fu al terzo atto chiusa Venere e Marte sotto la rete con una musica d’amori concertata con variati strumenti ascosti, che l’armonia cavava i cuori dei petti per dolcezza alle persone. Al quarto atto dissero i galanti uomini che s’aperse il cielo e si vidde tutti gli dei a convito splendidissimo e ricco e tanto ornato d’oro, argento, vestimenti, ornamenti e gioie, che pareva impossibile essersi gli uomini imaginati tanta pompa: nel qual convito s’udirono molte sorte di concerti di musiche allegre e divine. Al quinto atto gli dei di cielo, di terra, di selve e di mare, con le ninfe loro, fecero su la scena diverse e mirabil danze. Oh che belle donzelle! oh che bei giovani!