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ragionamenti arguti 243


In questo si conoscono se coloro ti sono amici, quando ti comandano; perché nel comandare si vede se l’amicizia è tutta per suo proprio utile e onore o per ciascuno insieme: chi è amico reale non passa i termini della modestia. Quando fossi principe e uno mi richiedesse cose che per cagione loro m’avesse a esser tolto lo stato, non lo terrei per amico altrimenti; o, se io avessi dieci ducati in borsa, senza avere il modo ad averne d’altrove, e uno me gli chiedesse, che mi fosse amico, e potesse far di manco e io n’avesse necessitá, gli direi: — Eccotene quattro —; se volesse il resto e s’adirasse per questo, lo cancellerei del mio libro.

Barone. Io comincio a intenderla; voi andate moderando l’insolenzia: un vero amico non fará simili insolenzie né si fatte sfacciataggini.

Vittorio. Oh, se io avessi tenuto uno per amico sei, otto, dieci o quattro anni (questo è un modo di parlare) o, per dir meglio, creduto che mi fosse amico, e io avesse due o tre amici in casa poveretti o figliuoli e mi trovassi senza uno aiuto al mondo né senza una sustanza d’aiutar me e i miei figliuoli, ed egli, con esser solo e potente a sostentarsi, volesse gli fosse dato dieci ducati, non m’aiutando di due, di tre e di mezzi, avrestilo tu per amico?

Agnolo. Non io; l’avrei per un asino.

Vittorio. Se egli n’avesse le centinaia e non ti sovenisse in una tua disgrazia, in una infirmitá, che direste?

Barone. Che fusse un furfante a tutto pasto, un gaglioffo in cremisi.

Vittorio. Se, sapendo alcun secreto tuo, e’ lo palesasse per rovinarti?

Agnolo. Cercherei di mazzarlo, non che levarlo del libro dell’amicizia.

Vittorio. Se si dicesse mal di te e con gli scritti t’apponesse il falso?

Barone. Diavol, portalo via.

Vittorio. Se l’amico lo riprendesse e minacciasse e poi la rimettesse in Dio?