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224 i marmi - parte seconda


capace chi vede tal disegno, quando la cosa s’abbia avuto principio e manco si può conoscere quando l’abbia fine. Il terzo quadro, vi sono sculpiti, e d’ogni sorte, piante, erbe, fiori e frutti; ed è gran cosa questa, che l’è cosí ben fatta questa parte che pare vedere, a chi la considera, crescer del continuo le cose. Oh che bello splendore! o che bei lumi v’è egli in quel quadro quarto! I variati, bizzarri, stravaganti e dilettevoli uccelli sono tutti quivi formati: e nella quinta parte tutto vi si dimostra. Nell’ultimo sono i primi nostri padri con tutta la generazione loro. Dicono adunque quei da ben lavoranti i quali sono uomini che hanno ingegno, che l’è una delle belle opere che si vedesse mai in terra e d’una valuta inestimabile».

Neri. Egli m’è piaciuta cotesta prima parte, perciò che io ho veduto un caos in pittura che mai viddi il piú bello né mi avrei saputo imaginar mai sí bel modo di disegno: se la cosa non è vera, egli è almanco un bel trovato. Leggi, via.

Michele. «Quando ebbero rimirato sí stupendo lavoro, volsero tornare a dietro per far noto al re di questo prezioso tesoro; ma in questo fu aperta loro la gran porta ed entraron dentro, tratti dalla curiositá di vedere il restante delle nuove maraviglie. Era un velo, dentro a questa porta, bianchissimo, ma impalpabile, né si poteva passare: e restati mezzi spauriti, si volevano ritrarre a dietro, quando udirono una voce che disse loro: — Ubidite a chi v’ha dato le leggi. — E, cosí riguardando intorno, viddero scritto sopra la porta questo detto: ‛Lasciate il morto e ripigliate il vivo’. E súbito abagliati da una risplendentissima luce che venne nell’aprirsi del velo, caddero in una cecitá e, aggravati dal sonno, s’adormentarono».

Neri. Lasciate cotesta lettera, ripiegatela e la leggerete poi, quando avrò un poco piú il capo a bottega, perché coteste cose vogliano un poco di elevazion di mente; e, di grazia, spiegatene un’altra.

Michele. Volentieri. «Noi abbiamo, signori illustrissimi, navigato per andare agli antipodi e siamo per fortuna arrivati a un’isola grandissima, sopra della quale smontammo, forzati dall’impeto del mare; e, caminato alquanto, ritrovammo alcune