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ragionamento della stampa 209


finsi amalato e, avendo ordinato un medico finto e che era un mio amico, che mi portasse nascostamente da mangiare, stetti a dieta forte quattro giorni e mi abandonò per ispacciato, per ciò che io non voleva pigliar nulla. La mia zia, veduto questo, era sul morire di dolore e mi pregava che io volessi mangiare; ma, facendo io la gatta morta, dava spesso spesso de’ signozzi che pareva il rantolo: pur tanto pianse e tanto mi pregò che io dicesse che cosa farebbe per me a farmi mangiare, che io, mezzo balbuziente, gli risposi piano piano: — Maccheroni vorrei, monna zia. — Ella tosto corse e in un batter d’occhio me ne fece un piattellino. Eccoti che la me gli presenta, come dire: «dategli ogni cosa a costui, ché egli è spacciato»: e te gli aveva unti bene e incaciati. Io quando gli viddi, finse allegrarmi e ne tolsi due bocconi, quasi che m’avessero dato la vita, e cominciai a pregarla: — Cara zia, zia mia buona, di grazia, fatemene uno staio. Oimè, ch’io son guarito, se voi mi fate uno staio di maccheroni. — La cominciò a dire che gli eran troppi, che bastava d’una mina, d’un quarto e d’un catino: e io allora a stralunare gli occhi e voler morir d’asima. Ella, per non mi perdere, dicendo fra sé: — Che domin sará mai, io gne ne farò tanti che io lo contenterò e poi gli darò via, — se n’andò e ne fece a cafisso. O povera zia! Pensate che l’empié di piattegli, scudelle, catini e pentole tutta la mia camera, piena di maccheroni; poi mi si fece al letto, e cominciò a dirmi: — Caro nipote, tôi due bocconi; ecco che io t’ho contentato; mangia de’ maccheroni. — Pensate quando la mi rizzò a seder sul letto, che io viddi tanti maccheroni, che io fui per trarre uno scoppio di risa; ma mi ritenni per finire il mio disegno. Io mi feci dare un gran catino inanzi e qui ne mangiai due altri bocconi; poi cominciai a dire: — Questi mi ritornan vivo, questi son la mia vita! O zia cara, benedetta siate voi! Ma io non son per mangiarne piú, se voi non mi bravate e dite villania. — Ella allora cominciò a dirmi: — Furfante, poltrone, mariuolo, castronaccio, figliuol d’una vacca, mangia questi maccheroni; se non, che io t’amazzo. — E io ne tolsi due altri bocconcini. — Deh, zia dolce, armatevi con le mie arme; deh sí! e poi mi bravate