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206 i marmi - parte seconda


l’avrei agavignato e tenuto tanto stretto che io l’arei vinta. So che non mi sarebbe (ladroncel da forche!) sguizzato fuori delle mani, se prima non gli avesse fatto lasciare le cervella in terra, sí fatte strette gli avrei dato al capo e sbattutolo sottosopra.

Plebei. Ma la signoria vostra, che sa che cosa son armi e s’è trovata in tante mistie, avrebbe bene e largamente riparato a questo caso; ma le povere lavandaie, non essendo avezze a veder sí fatti ferri puliti, non ebbero altro rimedio che voltar le spalle e nettare il paese; e il ladro si ritrasse intanto a salvamento.

Verdelotto. Bellissima! Ditene un’altra.

Zinzera. Vo’ dirla io, che mi trovai l’altra sera all’Orto de’ Rucellai a cantare, dove si faceva fra quei dotti una gran disputa sopra il Petrarca; e v’era chi voleva che questa Laura fosse stata la filosofia e non donna altrimenti, per quella canzone che comincia

Una donna piú bella assai che ’l sole
e di bellezza e d’altretanta etade

(qual donna volete voi che fosse costei, altra che la virtú della filosofia?)

acerbo ancor mi trasse alla sua schiera.

Laura aveva forse una mandria di gente che la seguissero? Basta che volevano alcuni che non amasse donna terrena, ma celeste; altri, ridendosene, se ne facevan beffe, con affermare mille allegazioni, ch’io non le so dire, e tenevano che gli avesse amato donna, donna, donna da dovero e che egli avesse anco córso il paese per suo, ma, come uomo che era religioso, dottore, vecchio e calonaco di Padova, non voleva che restasse accesa sí fatta lucerna della fama e appiattò la cosa sotto mille queste e mille quelle, la pose in bilico, acciò che la non si potesse mai affermare, perché la fu cosí giusta giusta, ma che