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174 i marmi - parte seconda


Coccio. Io tôrrei troppo difficile impresa a sostenere, s’io volessi disputar probabilmente questa opinione, e maggiormente contra voi, il quale sète troppo affezionato a questo esercizio; né vorrei mostrarmi a voi tanto nemico delle stampe che io fossi giudicato dir contra me stesso, avendo io buon tempo praticato con esse.

Lollio. E chi ne può meglio ragionar di voi, se pochi altri, e forse nessuno, maggior cognizione non ne ha di voi?

Coccio. Certo, s’io volessi dire di non intendermene, mi farei assai poco onore. Ma messer Paolo che è qui, e si crede forse che gli sia lecito starsi in ozio quando gli altri travagliano, non debbe anch’egli entrare con esso noi a parte di questa fatica?

Crivello. Essendo io uomo piú tosto atto a imparare tacendo e ascoltando che ad insegnare ragionando e disputando, non è lecito che temerariamente io m’interponga fra due qual sète voi: e’ non è dubbio ch’io ne sarei tenuto, per ciò, non meno ignorante che ardito. Continovate dunque i vostri piacevoli ragionamenti e non mi vogliate invidiare cosí grato e utile riposo.

Coccio. Voi non dovete rimanere d’entrare in questa battaglia, perché temiate di perdere, opponendovi, solo, a due né, per vergogna, accostandovi all’uno di noi, ché giá potete vederci di maniera inimici e avversari che speranza alcuna non c’è rimasa piú di pace né d’accordo; anzi securamente potete e sète tenuto entrare, appigliandovi a qual di noi vi pare che difenda la ragione, sí per difender la parte della giustizia e anco per terminar piú tosto le nostre liti col vostro aiuto; e messer Alberto qui non avrá per male che voi m’aiutiate contra lui.

Lollio. Anzi me lo reputerò a gran ventura, e io di giá lo prego ch’egli s’unisca con esso voi, perché maggior gloria mi sará vincer due sí valorosi campioni; e non dubito punto che la vittoria sará mia.

Crivello. Messer Alberto, assai debil gloria sará la vostra, quando pur m’avrete vinto; il che non so come vi sia facile,