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156 i marmi - parte prima


viene opere di dotti fra l’ugna, che non si credano che altri che loro sappi quelle cose che sono in latino! Io, che sono dotto in vulgare, gli spennacchio di parole da maladetto senno; verbigrazia: — Va, attendi a dar lezione a’ putti; va, pratica inanzi con le persone e poi ti metti a far libri; egli non è cosa su questo tuo scartabello che non la sappino insino a’ zanaiuoli; arrogante, furfante! — eccetera. Degli «Opus» de’ pedanti non ve ne dico nulla. Oh se mi sentissino! Io gli rifrusto pure senza una discrezione al mondo: — Fatevi in qua, ser pedante — dich’io — chi v’ha fitto tal farnetico nel capo, a far gettar via tanta carta a’ librari? Perché avete voi impedito il luogo di qualche dotto componimento? Fatevi inanzi, pedanti gaglioffi! — e mi par esser loro attorno — accostatevi tanto che io vi giunga con questo carnato. Parv’egli, pedanti ignoranti, che si traducano i libri a questa foggia? avete voi a rubar sempre da questo e quell’altro autore sí spensieratamente? non sapete voi che Oficina Testoris non è da essere spogliata si malamente né la Poliantea da voi? chi v’ha insegnato a rifare i libri vecchi e tramutare il nome? Ah, pedanti, pedanti, pedanti furfanti! voi non volete attendere ad altro? — E, dando lor quattro calci nel forame, gli mando alla scuola, promettendo, se non mutan verso, di fargli castrare. Mai mi venne voglia di dir: — Fate da voi o componete un’opera di vostro capo — perché mi sarebbe paruto d’aver gettato via il fiato e il tempo; prima, perché non sanno, l’altra, nessuno non la leggerebbe. Come si dicesse: Opera del tale e del quale — Oh! oh! egli è pedante — madesí, che l’andrebbe alla salsiccia! E’ ci vanno quelle che fanno di rimescolamenti e ruberie da’ buoni autori latini cavate; pensate voi quel che farebbon le loro stiette, sbucate dalla semplice pedanteria! I rattoppatori degli altrui scritti mi fanno star mutolo un pezzo talvolta; e guarda questo libro e riguarda quest’altro, squadernane uno, squadernane un altro, scorri, considera, rimira e pon ben mente, io son forzato a star cheto e stringermi nelle spalle; e se pure non vo’ crepare d’ambastia traggo un sospiro e dico due paroline pian piano: — Oh poveri autori, in che mano siate voi capitati! — Un altro direbbe alla