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ragionamento settimo 155


convertire una femina in uccello, un maschio in un barbagianni? Oh che dolori colici debbono aver costoro nello stomaco, a farneticar sí fatte stravaganze! Passerá per savia zucca mai colui che fa favellar cani, lupi, elefanti, scimie, papagalli, moscioni, civette, testuggini e granchi in cambio d’uomini? Dicano di no costoro. Chi fa poi cicalare le mura? Fra’ capi rotti bisogna metterlo; altrimenti non s’avrá onore del fatto suo. Come può egli stare questo latino, che uno imbrattalibri si possi convertire, quando compone una comedia, in vecchio, in donna, in putto, in familio, in fante e in buffone a un medesimo tempo? — Oh con l’animo — mi direte — e’ vede con l’intelletto.— Son contento: può egli vedere quel che non è e imaginarsi ciò che non fu e non può mai essere? Non, crede il popolo; pure l’uomo s’imagina che le bestie favellino, negozino e sien savie savie come dottori e dottoresse. A questo, si dice che colui che se lo crede è una bestia lui, un pazzo, come sarebbe a dire. Madesí, un pazzo, se giá egli non avesse certi uomini per bestie e avessi fattogli favellare, come crede che sieno, da bestie. Ma quel metter savie cose in bocca loro, che son pazze, a che siamo? Vuol dire il testo che se le bestie sapessin parlare come sanno loro, che le sarebbon meglio assai di loro. Il favellare ancor qui da me solo su questi Marmi e rispondere io a me medesimo di che sa ella questa cosa? La pute di cervel leggieri; pensa se qualche uno mi vedesse quando io sono solo solo nella mia casa e ch’io leggo qualche cosa e rido da me da me! So ben certo che io sarei tenuto pazzo publico, quando mi vedessin secretamente, nel lègger l’opere di questo e di quell’altro ignorante, dirgli villania, dico a quel libro, come se vi fosse l’autor proprio in petto e persona. Quando io trovo uno che ricoglie da questo e da quell’altro autor goffo, io me gli vòlto con un dirgli: — Dappoco! castronaccio! se tu volevi rubare qualche cosa per comporre un libro, perché non manometter buoni autori? — E mi verrá un altro che avrá dato di naso nel buono e avrá rubato tanto goffamente che se n’accorgerebbono i bambini; e qui mi vòlto a costui a dirgli: — Sciocco dissoluto! tu non sarai mai da nulla. — Come rido io, quando mi