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150 i marmi - parte prima


poi d’invenzione, di dottrina e di stile debbe gettar goccioloni dalla testa tanti fatti. Il secondo ramo di tal pazzia, volsi dir fatica, è il risolversi che l’opera sia buona o cattiva; se l’è buona, l’invidia è in piedi. Oh gli stanno freschi gli autori! E’ mi par di vedere che in tanto che uno autore scrive, l’invidioso e il biasimatore si sta in ozio; lo scrittor siede e patisce, e il cicalone spasseggia e ha buon tempo in quel mezzo; il virtuoso la notte veglia e studia, e il gaglioffo che tassa dorme come un asino e russa; il poveretto sta digiuno per finire di trascrivere un suo libro tosto, e il manigoldo, che sta sull’appuntar sempre, devora come un lupo e tracanna come una pevera; il litterato, mentre che egli volge le carte de’ buoni autori per imparare, e i ghiottoni spensierati si rivoltano nei vizii disonesti. Che vi pare di questa tacca? dice ella mille dal canto grosso? Il terzo dispiacere che mi parrebbe ricevere, s’io componessi, sarebbe il veder condannare i miei scritti, biasimare e tassargli dalla gente ignorante che si pigliano una autoritá badiale sopra di chi scrive, proprio proprio come se fossero un Platone in Grecia o un Cicerone in Roma. Credo bene che un litterato abbi piacere d’esser ammonito, da uno che piú di lui sappia, ripreso e corretto; ma i furfanti che tassano, non fanno e non sanno fare, credo, che dien loro molto nel naso, tanto piú, quando tirano gli scritti a cattivo senso, simile a quello che hanno nel cuore, e l’autore non ebbe mai se non buona mente e perfetta intenzione. Alla quarta vi voglio, ché spesso spesso ho fatto a’ capegli per altri, quando mi son trovato in dozzina (oh, la mi cocerebbe questa, s’io fossi maestro di far libri!); ché una tavolata di brigate si son piene a crepacorpo che si toccherebbe il pasto col dito, sí son traboccanti, e dicono: — Dá qua mezza dozzina di quei libracci per passar via questo tempo. — Eccoti i libri; ecco che gli aprono a caso, senza dar principio, regola o ordine, ma cominciano a lèggere a fata: «Furono oppressi dagli spagnoli, perciò che il Liviano aveva mandato...».

Gottifredi. Ecco, io tasserei cotestui di quello «oppresso», s’io fossi un di coloro, benché il Boccaccio abbi detto nel