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ragionamento settimo 145


Stracco. Tu lo vedrai ora.

Spedato. Or, cosí, leggetemene una.

Stracco. «Caro fra’, magari foste voi venuto al nostro filò, perché vi sareste trattegnuo col galante Zannibattista, persona in fede mirabile e sletterata, dove ne avreste riportato piasi grandement. Ma voi séte a udire quello sbotasciá d’Ambros, che ciascuno che molto l’ascolta gli fa nel suo magone un mal servis. Ir conte, secondo che io aldo, si stava in cariega e sonniferava, come quel signore che mal volentieri ode questi figli; e sacchiati che fa bene, ascoltando tali, a dormirsi. Io per me stetti tutta sera a passeggiare in piassa, madesi, come ebbi pamberato, perché me’ li non faceva per me sentare; e piú tosto caccerei la pitta dalla bica che la non la scarvasse e mirare».

Spedato. Non me ne lègger piú; oimè! che tu mi fareste venire la morte! o che goffa cosa! Come la mettono eglino in toscano?

Stracco. «Fratel carissimo, Dio volesse che tu fossi stato alla nostra veglia; perciò che avresti avuto un diletto non piccolo nell’ascoltare i ragionamenti di Giovan Battista, in veritá persona tanto mirabile quanto letterata. Penso ben che vi siate abbattuto nel contrario, a dar orecchie ad Ambrogio da Milano che fa sí brutto udire ed è non meno lungo che fastidioso in quel suo novellare; e a me, quando gli do udienza, fa egli dolere il corpo; non so quel che si facci agli altri. Il conte, che lo conosce, si mette a sedere e s’adormenta e ha per manco male il dormire che stare intento a ciò che dice Ambrogio si fattamente. Io lo fuggi’ l’altro ieri, e piú tosto, come ebbi fatto una buona colezione, mi stetti a passeggiare in piazza che starmi lá con seco a ragionare sedendo. Egli non è cosa che io non facessi piú volentier che tenergli compagnia, s’io dovessi andare a cacciar la chioccia dal pagliaio e stare a guardare un branco d’oche o di castroni».

Spedato. Non dir piú inanzi, ché di quell’altra tu non sei arrivato costi. La non piace al mio gusto questa ancóra: quella in volgare, potresti tu leggerne uno straccio?