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100 i marmi - parte prima


imaginazione, come dire d’essere a una mensa apparecchiata e a modo tuo fornita di cibi, di donne e di convitati; dopo questa ei ti venga voglia di volare, d’andare in un súbito, di godere una cosa, di farti invisibile, e tanto, brevemente, quanto tu t’imagini, sia fatto tanto presto quanto si fa il moto con l’intelletto.

Cerrota. Una parte vi sono di cotesti umori; ma a chi io voglio male, che dicono che io faccio?

Porcellino. Súbito che tu vuoi fargli divorare da mille serpenti insin suPl’ossa, ecco fatto: quando tu pensi di fargli di nuovo vivi e di nuovo morire con tanti tormenti quanti ti sai pensare, sia fatto mille e mille volte.

Cerrota. E’ son per la via: oh, io concio male i miei nimici, lá in quei fondi!

Porcellino. Dimmi il vero: come chiami tu cotesto libro, 11 titolo, dico?

Cerrota. Il mondo nuovo. Dimmi se tu ne sai altro.

Porcellino. Mille cose hanno detto che tu vi metti dentro in cotesto, poi che tu l’hai battezzato, Mondo nuovo. E’ mi par che tu voglia che le figure di marmo e di pietra non si faccino dagli scultori, anzi, che gli scultori non le sanno fare.

Cerrota. O che sanno fare?

Porcellino. Sanno scoprirle, ché le son dentro a quel pezzo di marmo fatte.

Barlacchi. La mi va questa ragione, perché io ho veduto levar, levare e levar tanto che la scuoprino, e, come l’è scoperta, non ne lievin piú.

Porcellino. E coloro che levano troppo d’una spalla o d’un piede o d’un ginocchio non vengano eglino a fare...?

Barlacchi. A guastare, dice il libro, n’è vero, Cerrota? a storpiar quella bella cosa che vi era dentro.

Cerrota. Tu l’indovinasti. Volete voi vedere che non sanno fare? Che s’una figura è rotta, di quelle antiche, e’ non vi son membra posticcie che stien bene: adunque non sanno se non, levando, scoprire. Non sapete voi di quello scarpellino che Michel Agnolo Buonarruoti messe intorno a quel pezzo di